Ho scritto a Lowell e a Philip Roth
A Mavis Gallant e a quel che resta di François Villon
Ho chiesto: «Maestri, per favore
Voi che siete lassù in alto, datemi una mano, una ragione
Per sconfiggere questa cosa che mi rode
Come i denti acuminati di una belva
Attaccata al centro del mio cuore
Lì dove fa più male»
Aspetto ancora una risposta
Non ha senso avere fretta
Non voglio credere che quella gente non prenda a cuore
Il grido stonato di un artista minore
Non più giovane
Che di colpo ha visto il mondo vacillare
Che di colpo ha colto il vuoto in uno specchio
«Noi facciamo ciò che siamo»
Mi ha risposto alla fine Lowell dall’inferno
«Noi facciamo ciò che siamo, e per un motivo o per l’altro
Non ho scritto mai nulla a cui dover ritornare
Nessun favo si fabbrica senza che un’ape aggiunga cerchio a cerchio
La cera e il miele di un mausoleo»
Così ho chiesto tempo
Una breve proroga alla mente
Che al sole pare ancora accettabile
Ma la sera è affollata peggio di una sala d’aspetto
Il mare è stanco, non s'è mai addormentato
Il tuo amore per un attimo s'è distratto
E io ho perso peso e ho perso il passo
La notte non dormo e di giorno sto male
Ma mi rimetterò a nuovo, non avere paura
Con due gocce di Xanax, qualche striscia di scotch
E una torcia elettrica per guardare a fondo dentro al buio
«Noi facciamo ciò che siamo»
Mi ha gridato Lowell dall’inferno
«Noi facciamo ciò che siamo, e per un motivo o per l’altro
Non ho scritto mai nulla a cui dover ritornare
Nessun favo si fabbrica senza che un’ape aggiunga cerchio a cerchio
La cera e il miele di un mausoleo»
Io ho perso peso e ho perso il passo
La notte non dormo e di giorno sto male
Ma mi rimetterò a nuovo, non avere paura
Con qualche goccia di Xanax, un po' di scotch
E una torcia elettrica per guardare meglio dentro al buio
«Noi facciamo ciò che siamo»